Federico Illesi
L’autore di Crazy Gin ci ha raccontato di più sul nostro ultimo libro.
Ciao Federico, cominciamo l’intervista con un piccolo trabocchetto. Descriviti in 30 parole!
Albert Einstein diceva “Non ho particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso”. Ecco, io mi definisco uno sperimentatore, un allievo che apprende e si destreggia in una democratica danza di cadute e risalite.
Il tuo libro Crazy Gin nasce dal desiderio di raccontare in modo semplice e senza troppe divagazioni la creazione del Gin e della tonica fino ad arrivare ai nostri giorni. Puoi raccontarci da dove arriva l’idea e l’ispirazione? Raccontaci qualche aneddoto sulla sua produzione.
Da dove deriva l’idea di parlare del Gin, della tonica e della loro storia? Dopo anni di esperimenti (iniziati con il diploma da bartender conseguito nel 2012), ho pensato che degustare il Gin non fosse più sufficiente: era necessario raccontare il Gin, la sua genesi, la sua evoluzione e la sua interazione con la società di cui è diventato spesso il collante nei momenti conviviali. L’ispirazione è arrivata, paradossalmente, nel periodo peggiore, quello del lockdown: ho cercato di trovare qualcosa di buono nel buio della pandemia e, giorno dopo giorno, le pagine hanno preso forma, animate dalla passione e dalla curiosità nella ricerca. La cosa più interessante per me è stato scoprire, durante le mie ricerche per la stesura del libro, l’evoluzione del prodotto nel corso degli anni e, soprattutto, il mutare dei gusti degli avventori. Mi riferisco in particolare al Futurismo e alle mode innescate dai cambiamenti sociali e politici che si riflettono inevitabilmente nell’offerta e nei consumi delle persone.
Hai un capitolo o una parte preferita? Se sì, raccontaci perché.
Il capitolo del libro che preferisco è quello in cui fotografo un momento preciso della parabola del Gin, e cioè i primi decenni del Novecento: in quegli anni – contrassegnati dal progresso e dall’innovazione – non si illuminano solo le città, ma anche e soprattutto gli animi dei loro abitanti che manifestano vieppiù il desiderio dell’incontro, della socialità, del ritrovo. Vessillo di questa atmosfera festosa è indubbiamente il bere, ed è proprio qui che il Gin Tonic conosce un passo decisivo della sua evoluzione: da semplice bevanda si trasforma, acquistando un suo proprio valore sociale, culturale e artistico.
Come e perché ti sei avvicinato così tanto al mondo del Gin? Raccontaci un po’ la tua storia.
La scoperta del Gin credo che in me sia stata un fatto quasi consequenziale all’evoluzione dei gusti, da dolci verso note più amare; un passaggio legato indubbiamente alla ricerca di prodotti liberi da quelli che vengono normalmente definiti come additivi alimentari e in particolar modo i coloranti, incontrando quindi prodotti il più naturali possibile. A questo si è aggiunta la passione per la mixologia e la curiosità di provare nuovi drink con ingredienti diversi. Un tassello cruciale è stato certamente il corso di barman che mi ha dato le basi per progredire in questo settore sconfinato.
Qual è la tua personale definizione di creatività?
La creatività è per me una miscela di passione, sinergie, prodigio e un pizzico di fantasia. Esattamente come avviene con il Gin, questi ingredienti vanno tuttavia saputi dosare e, soprattutto, devono essere veicolati dalla componente razionale e logica che li esprime.
Esiste un cocktail tra quelli che hai proposto nel libro che possa definirti? Quel particolare sapore che potrebbe descrivere la tua personalità, la tua storia e il tuo vissuto.
Il cocktail che più definisce la mia personalità e il mio stile di vita è senz’altro un Gin Tonic secco, asciutto, senza troppi fronzoli e – proprio come me – un Gin, per così dire, “con i piedi ben saldi a terra”, tonica e un twist di buccia di bergamotto, che, con la sua freschezza e il suo sapore agrumato, rispecchia la mia giovialità e arguzia con gli amici.
La mixology e il futuro. Qual è la tua visione?
Difficile parlare di futuro: gli ultimi tempi ci hanno dimostrato la fragilità delle nostre convinzioni e, ahimè, ciò rende complicata qualsiasi previsione. In questo mondo, come in molti altri, c’è sempre più attenzione alla sostenibilità e all’organico, quindi non solo interessa il prodotto finito, ma è sempre presente l’attenzione al processo che vi sta dietro. Inoltre, la passione e la creatività dei mastri distillatori ci stanno regalando quasi quotidianamente Gin innovativi e sofisticati. Ecco che un Gin Tonic non è solo un Gin Tonic, ma dietro a queste due parole troviamo un mondo, esattamente come nei vini… sarebbe come dire “vino rosso” senza specificare altro.