Elena Ravizza
Intervista all’autrice di Oyster experience che ci porta nel suo personale viaggio “romantico” nel mondo enigmatico delle ostriche.
Ciao Elena, cominciamo l’intervista con un piccolo trabocchetto. Descriviti in 30 parole!
Appassionata del mare e delle sue sfumature, mi considero ambiziosa e razionale, con una viva creatività. Profondamente sentimentale, amante della vita e della natura, sempre in cerca di nuove ed intense esperienze.
Il tuo libro Oyster experience ci porta alla scoperta del mondo delle ostriche, spesso poco conosciuto. Puoi raccontarci da dove arriva l’idea e l’ispirazione? Raccontaci qualche aneddoto della sua produzione.
Oyster Experience nasce dal richiamo del mare, un leitmotiv della mia vita sin dall’infanzia. La scrittura è diventata il mezzo per condividere questa passione, in un’Italia curiosa ma priva di una vera e propria bussola culturale sulle ostriche. Il libro è il frutto di un itinerario personale e professionale, che mi ha portato a sondare la realtà dell’ostricoltura europea, Italia inclusa, svelando metodi e segreti di un mestiere antico.
Ricordo con affetto un’alba in Irlanda: il freddo mattutino, il ruggito del trattore tra i filari, un quadro tanto irreale quanto affascinante. In quel momento, l’intenzione di raccontare l’essenza di questi istanti si è fatta impellente. Con ‘Oyster Experience’ ho cercato di catturare l’essenza di questo prodotto, sperando di trasportare i lettori oltre le pagine, nel cuore pulsante e misterioso dell’universo delle ostriche.
Hai un capitolo o una parte preferita? Se sì, raccontaci perché.
I paragrafi che mi toccano più da vicino e che hanno richiesto il massimo del mio impegno sono quelli dedicati al legame tra l’ostrica e i cinque sensi umani. È stato un percorso incredibile ed emozionante scoprire e descrivere i punti di contatto tra noi e questi affascinanti molluschi. La varietà e l’ampiezza delle interpretazioni possibili, le connessioni sensoriali che si possono intrecciare tra l’essere umano e l’ostrica, mi hanno sorpreso e profondamente commosso. Questo parallelo è una delle rivelazioni più straordinarie che spero di aver trasmesso con successo a chi avrà il piacere di leggere queste pagine.
Per Trenta Editore la “Buona Tavola suscita emozioni”, cosa rende speciale la tua tavola?
La mia tavola è speciale perché ha l’intenzione di trasformare il cibo in linguaggio, un mezzo attraverso il quale si condividono gioie, si celebrano le diversità e si coltivano legami.
Qual è la tua personale definizione di creatività?
La creatività è la capacità di vedere connessioni dove altri vedono confini. È un modo di interagire con il mondo, di prendere ciò che è noto e capovolgerlo, esplorando nuove strade ed infinite possibilità.
Esiste una tipologia di ostrica che pensi possa definirti? Qualche particolare caratteristica che potrebbe descrivere la tua personalità, la tua storia e il tuo vissuto.
Se dovessi identificarmi con una tipologia di ostrica, sceglierei senza dubbio quella irlandese, allevata nelle fredde acque dell’Atlantico, nelle terre selvagge e verdissime del nord. Queste ostriche, apprezzate per la loro dolcezza, robustezza e croccantezza, racchiudono un muscolo imponente, simbolo di forza e resistenza. Queste caratteristiche rispecchiano la mia personalità: un cuore sensibile, capace di percepire e valorizzare le sfumature più delicate della vita, sostenuto da una resilienza e una determinazione incrollabili. Le irlandesi sono un tributo vivente alla bellezza cruda e indomita della natura, un parallelo con il mio vissuto e il mio essere, profondamente radicato in valori di forza interiore e sensibilità.
La Buona Tavola e il futuro, qual è la tua visione?
La mia visione per il futuro della Buona Tavola è un’armonia fra tradizione e innovazione, guidata da sostenibilità e rispetto per il nostro pianeta. Immagino tavole imbandite con ingredienti locali e stagionali, che celebrano la biodiversità e raccontano storie di territori e culture. La tecnologia e l’innovazione culinaria saranno alleate nel ridurre gli sprechi e valorizzare l’artigianalità, mentre “il mangiare insieme” diventerà un luogo di educazione ambientale e salute. In questo futuro, la Buona Tavola unisce generazioni e culture, trasformandosi in un simbolo di unità e condivisione. Sarà un’esperienza che nutre corpo, anima e mente, rafforzando il legame tra noi, gli altri e il mondo che ci circonda.