Flavio Costa
Intervista allo chef e autore di Un Mare nel Roero che ci porta nel suo viaggio, personale e professionale, tra Liguria e Piemonte, fatto di ingredienti di qualità e abbinamenti sorprendenti.
Ciao Flavio, cominciamo l’intervista con un piccolo trabocchetto. Descriviti in 30 parole!
Domanda difficile, forse 30 parole sono troppe per me. Credo di essere un cuoco di poche parole, mi piace far parlare i piatti e comunicare le idee che ho in cucina, per questo definisco la mia confortevole.
Il tuo libro Un mare nel Roero ci porta alla scoperta di ingredienti utilizzati per una ricerca di abbinamenti perfetti e sorprendenti, gusti che passano prima attraverso lo sguardo e poi arrivano al palato. Puoi raccontarci da dove arriva questa passione e ispirazione? Raccontaci qualche aneddoto sulla produzione del libro.
Abbiamo voluto esprimere il concetto che mi ha spinto qui, quello di proporre un menù di mare in zone poco abituate. Il fatto di poter abbinare e amalgamare gli splendidi prodotti di questo territorio è stato una sfida, ma alla fine abbiamo indovinato. C’è sempre stato un connubio e uno scambio tra Liguria e Piemonte, mancava forse chi potesse far incontrare al meglio le due regioni e proporle alla clientela.
Per me è stato il primo libro…..e forse l’ultimo! Devo ringraziare Barbara Carbone, proprietaria della casa editrice, il fotografo Paolo Picciotto e tutta la redazione di Trenta Editore che mi hanno aiutato sostenuto, avendo tanta pazienza nello starmi dietro.
Hai un capitolo o una parte preferita? Se sì, raccontaci perché.
A dire la verità non c’è un capitolo in particolare che preferisco, perché tutti nel loro insieme sono un riassunto di tutta la mia carriera fino ad oggi, ma mi è piaciuto rivedere e andare a ricercare piatti e colleghi di tanti anni fa.
Per Trenta Editore la “Buona Tavola suscita emozioni”, cosa rende speciale la tua tavola?
Credo che la mia cucina sia calda, immediata ed equilibrata, non amo complicare il piatto e sono fondamentali per me la materia prima e la sua lavorazione. L’abbinamento viene in un momento successivo, in un piatto cerco sempre l’equilibrio di sapori, di consistenze, di temperature e l’equilibrio nel dosare i vari elementi del piatto.
Qual è la tua personale definizione di creatività?
Creatività in cucina è una parola grossa, difficile creare qualcosa di nuovo e innovativo, pochissimi grandi chef ci sono riusciti, penso per esempio che rendere attuale una ricetta classica di tanti anni fa sia una sfida difficile ma molto interessante, utilizzando tecniche e prodotti nuovi.
Esiste un ingrediente singolo o una ricetta che possa definirti? Quel particolare sapore che potrebbe descrivere la tua personalità, la tua storia e il tuo vissuto.
Penso che la mia Crema di zucchette trombette, seppie al nero e scorzette candite di limone sia proprio il risultato che cerco, l’equilibrio. L’ho fatta per la prima volta il 2 giugno 1999 e da allora è sempre rimasta in carta, equilibrio tra il dolce vellutato della crema montata con olio extravergine di taggiasca, lo iodato delle seppie cotte nel loro nero e la nota forse più importante del piatto ovvero la scorzetta agrumata e un po’ amarognola del limone.
La Buona Tavola e il futuro, qual è la tua visione?
A questa domanda non saprei rispondere, vivo sempre il mio lavoro al presente, non ho mai seguito le mode in cucina o le correnti di pensiero, quello che ho in testa è solo frutto del mio modo di essere quindi non posso avere una visione sul futuro.