Morena Roana
L’autrice di Soffice (a modo mio) ci ha raccontato di più sul nostro ultimo libro.
Ciao Morena, cominciamo l’intervista con un piccolo trabocchetto. Descriviti in 30 parole!
Domanda non facile a cui rispondere, bisognerebbe chiederlo a chi mi conosce. Sono una persona timida, introversa, altruista, sensibile, sincera. Sono paziente e so aspettare che le cose siano pronte. Odio la falsità nelle persone e difficilmente perdono. In quello che faccio sono testarda, meticolosa, perfezionista: voglio e devo ottenere il risultato che mi sono prefissata. Prima di iniziare un nuovo progetto mi preparo, studio e programmo.
Il tuo libro Soffice (a modo mio) raccoglie le ricette più amate dei tuoi libri Soffice soffice e Soffice salato. Puoi raccontarci da dove arriva l’idea di raggrupparle in un unico libro? Raccontaci qualche aneddoto sulla sua produzione.
Il primo libro è stato pubblicato ben 9 anni fa, mentre il secondo 7. Nonostante il passare degli anni ricevevo spesso messaggi in cui mi si chiedeva dove trovarli. Altre volte qualcuno avrebbe voluto regalarli ma era indeciso su quale scegliere. Con il nuovo libro si possono accontentare tutti, compresi coloro che mi conoscono e che mi seguono da poco. Durante la produzione del terzo libro ho trovato difficoltà nello scegliere le varie ricette da inserire. Per me erano tutte valide, avendole fatte più volte: sono dovuta andare per eliminazione, ma non è stato facile. In quel periodo, inoltre, lavoravo in un’azienda, per cui il tempo libero non era molto, ma ogni volta che avevo qualche minuto libero lo dedicavo alla stesura e controllo di nuovi testi o alla rilettura di quelli già esistenti. Un giorno ero seduta alla scrivania e avevo appunti ovunque da non capirci più niente.
Hai un capitolo o una parte preferita? Se sì, raccontaci perché.
Assolutamente sì, la mia parte preferita è quella dedicata alle brioches. Prima di tutto perché sono golosa, e poi perché mi piacciono proprio nel loro aspetto, nei colori e nella possibilità di spaziare con gusti, abbinamenti e forme.
Per Trenta Editore la “Buona Tavola suscita emozioni”, cosa rende speciale la tua tavola?
La Buona Tavola è emozione, deve essere emozione e va condivisa. La cosa più importante è chi c’è attorno a quella tavola. Essere in un ristorante stellato con la compagnia sbagliata va a rovinare tutto il senso della Buona Tavola.
Qual è la tua personale definizione di creatività?
Saper costruire, disegnare, scolpire e far uscire qualcosa dal niente è creatività. È buttare fuori le proprie emozioni senza vergognarsi. La creatività in cucina è avere un impasto e non avere idea di come trasformarlo, per poi ottenere qualcosa di meraviglioso quando ce l’hai tra le mani. Oppure aprire il frigorifero senza avere un’idea precisa e mettere in tavola un piatto buonissimo con quello che hai.
Esiste un lievitato tra quelli che hai proposto nel libro che possa definirti? Quel particolare sapore che potrebbe descrivere la tua personalità, la tua storia e il tuo vissuto.
Bene o male tutti mi rappresentano perché mi sono venuti dal cuore e in un certo modo mi emozionano. Sono una persona paziente, quindi il mondo dei lievitati è perfetto per me perché so attendere, aspettare il momento giusto.
La Buona Tavola e il futuro, qual è la tua visione?
Oggi ho l’impressione che la Buona Tavola si sia un po’ persa per la troppa immagine a volte non realistica che si è costruita attorno. Trasmissioni tv, blog e riviste hanno contribuito prima a farla venire a galla, ma poi l’hanno anche esasperata, creandole attorno una cornice di apparenza. Certo c’è e ci sarà sempre la Buona Cucina e sono convinta che si tornerà indietro a quando le vecchie ricette della tradizione erano le più importanti.