Pietro D’Agostino
L’autore del libro Creatività. Memoria e Territorio ci ha raccontato di più sul nostro ultimo libro.
Ciao Pietro, cominciamo l’intervista con un piccolo trabocchetto. Descriviti in 30 parole!
Sono un visionario con i piedi piantati per terra. Tenace, capace di grandi sacrifici, ma non mi butto in un progetto se non lo sento vincente. Uso l’intuito per raccoglierne l’input, la costanza per costruirne le basi, l’entusiasmo per proiettarlo oltre.
Il tuo libro Creatività. Memoria e Territorio mostra la materia prima siciliana in chiave moderna e internazionale. Puoi raccontarci da dove arriva l’idea e l’ispirazione? Raccontaci qualche aneddoto della sua produzione.
Non è stata un’idea, è stata una naturale propensione. La Sicilia, oltre a offrire delle materie prime di eccezionale qualità e in incredibile quantità, grazie alle sue caratteristiche climatiche e geografiche, ha una stratificazione storica e culturale che la rende internazionale nel DNA. Tradizionalmente le nostre consuetudini, i nostri usi e costumi e quindi anche i nostri piatti sono un mix di quello che siamo stati e di ciò che ci ha contaminato: Greci, Romani, persino i Fenici. E ancora Arabi, Normanni, Svevi, Aragonesi e Angioini. L’uso delle spezie, la cottura in olio d’oliva, l’agrodolce, la conservazione sotto sale sono alcuni esempi di come la cucina siciliana in realtà sia già Mediterranea. E aver vissuto per 13 anni in giro per il mondo a respirare la cultura delle altre popolazioni, oltre al fatto che oggi viviamo in dimensione globalizzata, ha aggiunto solo un po’ di curiosità. Per usare una metafora, per me è stato come per il musicista che si ritrova sul pentagramma tutte le note, con tutto l’infinito ventaglio di toni e sotto toni, bemolli e diesis, che non deve inventarsi nulla, ma solo lasciarsi andare e seguire il ritmo che si ritrova in testa e su cui deve costruire una melodia.
Hai un capitolo o una parte preferita? Se sì, raccontaci perché.
Non credo di prediligere una parte del libro. C’è la prima in cui racconto me e tutto ciò che fa parte di me, la mia famiglia, la mia compagna di vita. C’è la mia Capinera, che è un pezzo di me, e il Kistè, la mia ultima creatura. La seconda parte è quella dedicata alle ricette, che ho scelto con molta cura per dedicarle ai miei (spero tanti) lettori.
Per Trenta Editore la “Buona Tavola suscita emozioni”, cosa rende speciale la tua tavola?
Voglio essere rispondere in maniera sintetica con un aggettivo: la mia è una cucina onesta. Parla ai clienti senza fronzoli. Prima abbiamo accennato alle materie prime: nel mio piatto le vedi e le senti tutte. Non amo la cucina troppo elaborata, non mi piacciono i metodi di cottura estremamente sofisticati: prediligo quelli naturali, come la cottura in pietra e le affumicature al caffè.
Qual è la tua personale definizione di creatività?
Il mio concetto di creatività è legato a tre scelte etiche: sostenibilità, ambiente e salute. Fare scelte etiche in cucina significa non solo porre l’attenzione sulla provenienza dell’ingrediente e sulla stagionalità, ma anche sul modo in cui ogni prodotto viene successivamente trasformato. Territorio, materie prime, non spreco e centralità dell’uomo è dunque un paradigma attorno al quale alcuni degli interpreti più illuminati dell’alta ristorazione si stanno già muovendo. Cucinare consapevolmente con creatività significa rispettare le materie prime, valorizzandole in ogni fase, dalla produzione alla conservazione, fino alla loro trasformazione finale, attraverso un metodo di cottura ideale che ne conservi gusto e proprietà. Significa minimizzare gli sprechi. Significa esaltare la provenienza delle materie. Significa lavorare fra i fornelli per una cucina di trasformazione, che non sovrappone i sapori, ma li denuda nella loro semplicità.
Esiste un ingrediente che possa definirti? Quel particolare sapore che potrebbe descrivere la tua personalità, la tua storia e il tuo vissuto.
Il pesce azzurro, pescato in lungo e in largo nel Mediterraneo, dai fondali rocciosi del mar Jonio a quelli caldi e sabbiosi del canale di Sicilia, a quelli raffreddati dalle correnti atlantiche del mar Tirreno. È sicuramente un ingrediente per me irrinunciabile. Ma trovo anche molto affascinante cucinare le eccezionali carni bovine degli Altopiani iblei e dei Nebrodi. Il tutto accompagnato da ortaggi di stagione.
La Buona Tavola e il futuro, qual è la tua visione?
Il futuro è già il mio presente, e si traduce in una cucina che sappia rispettare le materie prime, osservando la stagionalità e i metodi di cottura che ne esaltino le caratteristiche e che preservino la salute umana, scegliendo prodotti di qualità e cotture sane. Il tutto declinato con la sostenibilità e la celebrazione dell’ambiente nel quale viviamo.