Pietro Ruffoni e Daniela Ferrando
Intervista a Pietro Ruffoni, titolare di Healthyfood srl e Daniela Ferrando, curatrice dei testi del nostro nuovo libro Identità alimentari.
Ciao Pietro, ciao Daniela – cominciamo con una domanda trabocchetto: descrivetevi in 30 parole!
PR: Sono Pietro Ruffoni, ho 25 anni, sono sempre stato appassionato del mondo culinario. Ho fondato una startup, dove mettiamo in contatto gusti e desideri degli utenti con i ristoranti in grado di rispettarli (https://www.mycia.it/) e forniamo ai locali servizi digitali che permettono di massimizzare le entrate.
DF: Parlo molto e mangio poco. Quindi per me non vale il detto “Parla come mangi”. Milanese, copywriter, editor, traduttrice, transcreator. Formazione: lettere classiche e marketing. Mi interessano cibo e cultura.
Il vostro libro Identità alimentari nasce dal bisogno di trattare, in un unico testo, i fattori più importanti che guidano le nostre scelte alimentari e definiscono la nostra identità in cucina. Potete raccontarci da dove arriva l’idea e l’ispirazione? Raccontateci qualche aneddoto sulla sua produzione.
PR: Oggi sempre più persone prestano attenzione a ciò che mangiano. Abbiamo notato, attraverso l’app MyCIA, che gli utenti con esigenze alimentari particolari sono in continuo aumento. Pertanto, abbiamo pensato di creare, in modo semplice e veloce, un ‘manuale’ contenente le principali curiosità e aneddoti sui vari regimi alimentari.
DF: L’idea è nata da My CIA, l’app che costituisce la Carta d’Identità Alimentare degli utenti. Il libro è il completamento naturale dell’app. Approfondisce il tema. Dà un nome alle scelte alimentari di ciascuno di noi. Lo fa senza pregiudizi.
Avete un capitolo o una parte preferita? Se sì, raccontateci perché.
DF: Forse la conclusione. Con le sue indicazioni finali. Perché è la summa di valori emersi e di istruzioni concrete.
PR: Sì, condivido con Daniela, la parte finale è il riassunto di tutto.
Pietro, come nasce la startup Healthyfood e di cosa si tratta?
PR: Nasce nel 2019. L’idea era quella di tutelare maggiormente le esigenze alimentari dei consumatori nel mondo del fuori casa. Così siamo partiti lanciando l’app MyCIA. Qua gli utenti possono compilare la loro Carta d’Identità Alimentare e vedere in automatico oltre diecimila menu di locali italiani filtrati e adattati sulla base delle loro esigenze. Durante il periodo Covid, abbiamo iniziato a fornire servizi digitali di MyCIA for Business (menu digitali, Order & Pay…) ai locali che erano presenti all’interno del network MyCIA, arrivando ad oggi a più di 2500 locali abbonati.
Daniela, come ti sei avvicinata al progetto e cosa rappresenta per te?
DF: Conoscevo il progetto Healthyfood e l’app MyCIA. Pietro mi ha coinvolta nel libro come editor, per rendere la trattazione più agile per un ampio pubblico. Perciò, prima ho affrontato il tema da lettrice. Poi da editor: evidenziando parole e concetti chiave, focalizzando bene i paragrafi, spezzando il testo con titoli. Per me il libro è un’esplorazione food cultural, con diverse utilità: rispecchiare le persone e i loro comportamenti, aiutare i ristoratori a lavorare meglio, ispirare chi progetta app e chi studia scienze gastronomiche e le regole dell’ospitalità.
Qual è la vostra visione dell’alimentazione? Come la vivete voi nella vostra vita quotidiana?
DF: Cibo è cultura. La vedo così. A dispetto del mio lavoro che rende ingordi, sono attenta a tavola e detesto lo spreco. Prevalentemente mangio vegano, ma gradisco molto anche il pesce. Una sorta di flexitariana?
PR: Io non ho particolari esigenze alimentari, non mangio il broccolo, per il resto mangio tutto.
L’alimentazione e il futuro. Che cosa ci aspetta?
PR: Sicuramente all’interno dei locali ci sarà molta più consapevolezza per le persone che hanno delle particolari esigenze alimentari.
DF: Credo e spero che saremo più oculati e consapevoli. Che la ricerca scientifica ci supporti esplorando le potenzialità della natura anche in campi come le alghe. Che ci sia più equilibrio tra le società iperalimentate e quelle che fanno la fame. Che le identità alimentari possano convivere senza stigmi.